Cara Giulietta,
cominciamo dai consigli che posso darti, e
che possono spiegarti quello che non riesci ad applicare bene de “L’arte di
insegnare”.
·
Non ascoltavano sempre, ma a giorni alterni,
chiacchieravano spesso, soprattutto durante le esercitazioni.
Il concetto base è questo: quando tu parli, loro devono ascoltare e contribuire alla lezione. Lo
devi pretendere. E devi considerarla una pretesa giusta, non una richiesta
assurda. È questo il segreto. Il resto viene di conseguenza.
La lezione non è una spiegazione che tu fai, mentre
loro sono lì, passivi. Devi imparare a spiegare le cose in modo da coinvolgerli
continuamente e senza preavviso (cioè, ognuno deve sentire che da un momento
all’altro può essere chiamato). La
lezione non deve essere una conferenza che loro devono ascoltare passivamente.
Deve essere un lavoro di gruppo: tu guidi e loro partecipano attivamente.
Tutti. Sempre.
L’esercitazione e l’interrogazione fanno assolutamente
parte della lezione.
Possono distrarsi mentre interroghi un loro compagno?
Assolutamente no. E se chiacchierano lo stesso? Smetti di interrogare
immediatamente e smetti di fare esercitazione. E se parla solo un gruppetto?
Smetti lo stesso. Chi tace quando qualcuno chiacchiera o disturba diventa suo complice.
Spiega bene questo concetto: la responsabilità della lezione non è tua, ma di
tutti. Se la lezione è noiosa è colpa di tutti. Se è interessante è merito di
tutti.
·
la loro attenzione si riduce agli attimi di
spiegazione, quando facciamo esercizi alla lavagna loro si distraggono per poi
chiedere delucidazioni perché non hanno capito;
ripeto sempre le stesse cose,
perché loro non ascoltano;
Mai e poi mai spiegare
di nuovo quello che hai già spiegato se loro sono stati disattenti. Chi vuole stare attento e viene disturbato dai
compagni chiacchieroni deve protestare. Spiega bene questo concetto: chi tace
acconsente (e poi si arrangia).
·
Mai rispondere alle domande di chi non è stato
attento. Fanno una domanda? Rispondi, calmissima:
“Non hai capito? Che peccato! Dovevi stare attento. Io l’ho già spiegato. Oggi
pomeriggio incontratevi a casa, tu e il tuo compagno chiacchierino, e cercate
di capire da soli. Sono un’insegnante, non la vostra serva, pronta a ripetere
cento volte la spiegazione perché prima non sta attento uno e poi non sta
attento l’altro. Se lo facessi sarei una povera scema della quale dite ‘Non
serve stare attenti, tanto c’è la scema che ce lo ripete finché vogliamo’. Beh,
vi siete sbagliati. Sapeste quanto ho studiato per imparare bene la matematica,
capireste. Comunque, se vedo che state attentissimi e non capite allora ve lo
spiego venti volte. Ma così no.”
·
10 minuti alla fine dell'ora. Facciamo l'ultimo
esercizio (che seguono in pochi) gli altri erano già in riposo. So che già qui
lei penserà: e perché ha continuato a far lezione? Non li ha rimproverati?
Certo! Annuiscono ma poi continuano a non seguire. Creando il brusio
fastidioso. Ci provo, ma se non vogliono, non ascoltano. 5 minuti prima
dell'ora. Finiamo l'ultimo esercizio, fine lezione. 5 minuti liberi (potevo non
darglieli visto che hanno chiacchierato, ma a che pro? Non avrebbero
ascoltato).
Allora, Giulietta: per quanto tempo devono stare attenti, su 60 minuti di lezione?
Rispondo: 60 minuti esatti !
‘gli altri erano già in
riposo’ ??? Ma scherzi?
‘5 minuti liberi (potevo
non darglieli visto che hanno chiacchierato, ma a che pro? Non avrebbero
ascoltato).’
Giulietta, ‘potevo
non darglieli’??? Ma scherzi!? Certo” Dovevi
non darglieli!!
Niente ultimi 5 minuti,
niente riposini! Perché mai dovrebbero riposarsi? Stai
lavorando tu? E loro chi sono, scusa?
“Se non vogliono, non
ascoltano” ??? Giulietta, ma ti comandano loro? E
che cosa te ne importa, se non ascoltano? Ti stanno facendo un favore,
ascoltandoti? Da quello che scrivi sembra
che consideri un favore il fatto che ti ascoltino. Appena uno si distrae
smetti e dici : ‘Va bene. Smetto di spiegare e segno l’argomento come svolto.
Evidentemente non vi interessa. Io lo conosco già benissimo e non ho alcun
interesse a ripeterlo, parlando a chi non ascolta. Perché devo parlare, se non siete
tutti attenti? Però sappiate che quando interrogo lo chiedo, ovviamente: tanto,
credo che non avrete problemi, perché – da come vi comportate - evidentemente
lo conoscete già o pensate di studiarlo da soli. Benissimo.
Quindi la lezione è finita, ma state zitti finché non suona la fine dell’ora’. E devi avere un
atteggiamento che faccia capire che non è conveniente per loro parlare. Se cedi
a questo punto hai perso.
Certo avere più attenzione e rispetto in più non
sarebbe male.
Non devi dire “non sarebbe male”, Giulietta. Devi dire “Devo avere rispetto e attenzione,
perché anch’io do loro rispetto e attenzione. Nel mio libro – ricordi? – c’è
scritto “Prima date rispetto, attenzione, ecc. e poi pretendete tutto anche da
loro”.
E – sempre nel mio libro- c’è scritto che devi avere una buona autostima. Te ce
l’hai, ma non abbastanza, evidentemente. Lavora su questo.
Loro stavano chiacchierando allegramente, ma appena
l’hanno vista si sono alzati e dopo poco han fatto silenzio assoluto. È stato
umiliante per me. Io li ho guardati, sorridendo amaramente, all'inizio ho
pensato (guarda un po' questi che paura che hanno) ma poi…
Io non vorrei mai essere un'insegnante che terrorizza
i ragazzi. Anche perché non ne sarei in grado.
[…] meglio un’insegnante disponibile, a cui chiedere
senza timore, o una insegnante "cattiva" che però ti fa studiare per
paura e magari ti fa ottenere risultati maggiori?
I miei colleghi spesso mi hanno detto: tranquilla è
perché sei giovane e ne approfittano, poi sei dolce e loro lo vedono, e ne
approfittano.
Altri insegnanti mi hanno detto: devi avere pugno
duro. Si, grazie, ma che vuol dire? Sgridarli di più? Interrogarli quando si
comportano male? Ma nessuno capisce che lo farei se ne fossi capace? Che non mi
diverto a vedere che non hanno alcuna "paura" dei miei rimproveri?
Cara
Giulietta, questa idea che l’insegnante
che sa tenere la classe è un insegnante che terrorizza è sbagliata. L’idea
che l’insegnante che tiene la classe sia odiato perché “fa paura” è sbagliata.
L’idea che un insegnante giovane debba – di necessità- non essere rispettato è
sbagliata. L’idea che l’insegnante dolce non venga rispettato è sbagliata.
L’idea che un insegnante che terrorizza sia rispettato è sbagliata. La paura non è rispetto. Un insegnante
rispettato è un insegnante considerato una guida che li può aiutare perché è
competente e disponibile.
L’idea che l’insegnante giovane che non viene
rispettato è “perché è giovane” è sbagliata.
In
realtà un’insegnante giovane come te potrebbe tenere la classe meglio di una
insegnante sessantenne; una insegnante dolcissima e materna nell’aspetto può
essere nella sostanza più severa (anche se ci sarebbe da discutere su questo
termine “severa”) di una che appare burbera; “severa” non vuol dire “cattiva”;
“esigentissima” non significa “odiata”; un insegnante che dà molte
insufficienze non è più bravo di uno che dà voti molto alti, e non è vero
nemmeno il contrario; un insegnante che permette ai ragazzi di fare quello che
vogliono non è più amato e rispettato di uno che pretende il rispetto di tutte
le regole; un insegnante che dice “l’ultimo quarto d’ora vi lascio fare quello
che volete” non è più amato e stimato dagli alunni di quello che fa lezione
fino all’ultimo minuto; e un insegnante che lascia liberi i ragazzi di fare
quello che vogliono non è un insegnante che li capisce, ma è un insegnante che
non sta facendo onestamente il suo lavoro; un insegnante che si siede sulla
cattedra non è più moderno di uno che si siede sulla sedia;
un
insegnante che si comporta come un ragazzo forse può essere più simpatico, ma spesso
non è stimato, in realtà; se i ragazzi si alzano in piedi quando entra un
insegnante non significa che lo rispettano, ma sicuramente significa che si
sono accorti che è entrato; che i ragazzi non si alzino in piedi quando entra
un insegnante non significa che non lo rispettano; possono rispettarlo, ma solo
se stanno zitti e seduti; se i ragazzi ignorano l’insegnante che entra in
classe significa che non si accorgono neanche della sua presenza, e sicuramente
non significa che lo rispettano; se i ragazzi salutano sorridenti l’insegnante
che entra non significa che non lo rispettano; più facilmente significa che lo
amano e lo vedono volentieri; ma se i ragazzi non salutano sorridendo un
insegnante che entra non significano che non lo sopportano; più facilmente
significa che lo considerano solo come un insegnante; se i ragazzi guardano con
odio e disprezzo un insegnante significa che lo odiano e lo disprezzano. La
comunicazione non verbale è più importante della comunicazione verbale (anche
questo c’è nell’Arte di insegnare, Giulietta).
Perché non riesco a fargli capire che con me possono
scherzare ma che quando si fa lezione si DEVE fare lezione;
[…] Certamente il prossimo anno ci riproverò. In
verità ci provo sempre, io parto sempre con buoni propositi, poi finisco per
entrare in classe anche tra l'indifferenza.
Cara Giulietta, certo che ci proverai. E piano piano
ti riuscirà, Vedrai. Tu scrivi:
·
vorrei un po' della bravura dell'insegnante che li fa
alzare in piedi, un po' di quella bravura degli insegnanti che sanno tenere la
classe, un po' della sua bravura, prof Milani
Tu sei già brava come
me, Giulietta. Lo vedo da tutte le frasi che della tua
lettera che ho messo in rosso. Tu ti
metti in discussione e vuoi migliorare: è questo quello che serve per diventare
bravi insegnanti. Ti ci vuole più tempo. Io ho insegnato più anni di tutti
quelli che tu hai vissuto. Qualcosa avrò imparato no, in tutti questi anni? L’esperienza
è molto importante. C’è scritto anche questo, ne “L’arte di insegnare”. E
adesso ho scritto “Maleducati o educati male?”, che non è solo un libro
sull’educazione, ma è (moltissimo) un libro sulla Scuola, sui ragazzi, su
quello che è importante che insegniamo – come genitori e come insegnanti- per
avere il rispetto dei figli e degli alunni, per essere ascoltati, per essere
per loro delle guide autorevoli. Quello che ho scritto in questo post è il
frutto di tutte le idee che ho conquistato negli anni: dei concetti di
autostima, di rispetto, di cultura; dell’esperienza sui rapporti con i ragazzi
e con i genitori, eccetera. E ho messo tutto nel libro. Se sono autorevole è
perché conosco e trasmetto tutto quello che ho capito e scritto nel libro.
Quindi, dopo “L’arte di insegnare” leggi bene anche “Maleducati o educati
male?”, perché è la base dell’autorevolezza.
E poi fammi sapere.