Purtroppo è da un po’ di tempo che ho una brutta sensazione. Quella di essere intrappolata in una enorme fregatura.
Se avete voglia di seguirmi nel ragionamento, continuate a leggere.
Parto da una domanda: ma siamo tutti uguali o no? Mi spiego meglio: siamo tutti uguali e dobbiamo in qualche modo avere gli stessi diritti, o siamo diversi, abbiamo valore diverso, qualcuno è superiore agli altri e quindi dobbiamo avere diritti diversi?
In una democrazia viene istintivo dire che siamo tutti uguali. Ma non diciamolo, riflettiamoci un po’ sopra, prima di decidere.
Non so se siamo tutti uguali.
Per saperlo dovremmo avere chiaro che cosa significa “essere uguali”. Se significa avere la stessa intelligenza, la stessa sensibilità, la stessa creatività, onestà, capacità, voglia di lavorare, di impegnarsi per gli altri, allora no, non siamo tutti uguali. Ci mancherebbe. Ci sono orde di incapaci, di disonesti, di persone che non hanno voglia di lavorare, che pensano solo a loro stessi. Non siamo tutti come loro.
Dovremmo avere chiaro anche che cosa intendiamo con “diritto”: i diritti umani, civili, politici, sono quelli che, in una comunità, spettano ad ogni individuo. Sono diritti inviolabili, inalienabili legati alla sopravvivenza e alla dignità umana: il diritto di mangiare abbastanza almeno per sopravvivere, di vivere in un luogo coperto e dignitoso, di ripararsi dal freddo; il diritto alla salute e all’istruzione, alla libertà di parola e di pensiero; il diritto di essere trattato con rispetto, di conservare la propria dignità.
Ma viene da chiedere : ma i diritti spettano a tutti, indipendentemente dalle qualità morali o intellettuali?
Ecco, più precisamente, questa è la domanda: anche i disonesti, gli sfruttatori, i delinquenti, gli sciocchi e gli stupidi devono avere dei diritti?
Oppure dovrebbero essere riservati maggiori diritti alle persone più meritevoli, perché più intelligenti, più colte o più oneste?
Credo che ci siano dei diritti che devono spettare a tutti, anche ai delinquenti, agli ignoranti, agli incapaci.
Di fronte a questi diritti, alle necessità più elementari, dobbiamo essere tutti uguali.
Quelli che si guadagnano con le proprie capacità non sono diritti, ma benefici extra. È giusto che chi ha più capacità, più intelligenza, più coraggio possa avere benefici maggiori.
E siamo giunti al problema: nella nostra società non solo non avviene quasi mai che una persona di valore – morale e intellettuale – venga premiata, ma capita che benefici molto maggiori vengano riservati ai delinquenti e ai disonesti.
Secondo la mentalità feudale e medievale – scusate se semplifico molto per mettere in evidenza il concetto - i nobili e gli appartenenti al clero valevano molto di più delle persone del terzo stato. Medici, commercianti, artigiani, contadini letterati non avevano effettivo potere socio- politico. Nobili e clero si erano appropriati del concetto setsso di valore, decidendo che il valore era quello legato alla nobiltà e allo stato di “religioso”. Semplificando ancora, il concetto era questo: noi valiamo di più perché facciamo parte della nobiltà e del clero, e voi dovete servirci, riverirci e lavorare per noi perché siete inferiori. E il concetto era accettato da tutti come ovvio e perfino giusto.
Il potere ha permesso loro di mantenere le cose come stavano per molti anni, per secoli, finché una mentalità diversa si è fatta strada, ha cambiato il concetto di “valore” e ha introdotto il concetto che siamo uguali.
Non mi voglio dilungare.
È sotto gli occhi di tutti (quelli che vogliono vedere, si capisce) il fatto che oggi la società italiana è costituita da una minoranza di ricchi, di ricchi sfondati e di potenti, e da una maggioranza di borghesi, spesso piccoli piccoli, di poveri e di poveracci. Non sono questi ultimi quelli che hanno il potere politico ed economico. Sono i ricchi e potenti. Ed ecco quello che mi crea ansia e inquietudine: noto che urlano che cambieranno le cose, che daranno più risorse alla scuola e alla sanità, che risolveranno il problema della disoccupazione, che organizzeranno strutture per bambini, ragazzi, poveri, anziani. Dichiarano che abbasseranno le tasse, che aiuteranno i giovani, che elimineranno gli sprechi, controlleranno l’inquinamento, combatteranno le mafie e la malavita.
Invece non fanno nulla. Lasciano le cose come stanno e, se possibile, le peggiorano. Fanno in modo che i ricchi diventino più ricchi e i poveri più poveri. Tagliano su tutto quello che usiamo noi (tutto ciò che è pubblico), su quello che mangiamo di più (pane, pasta), e favoriscono tutto quello che usano loro (tutto il privato) e quello che possiedono loro (yacht, ville, aerei, ecc.). Perché se la sanità e l’istruzione finiscono in vacca, a loro non importa assolutamente nulla, perché non frequentano ospedali pubblici o scuole pubbliche.
I potenti pretendono che noi lavoriamo per il loro benessere, per poter continuare a fare feste e viaggi, mentre noi tiriamo la cinghia.
Piano piano ci convincono che, poiché loro sono superiori e noi inferiori, abbiamo il dovere di ammirarli, di servirli e riverirli.
Quindi siamo tornati al Medioevo. E senza che la gente se ne renda conto.
Non è una enorme assurda fregatura?